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La matematica è la bestia nera di molti studenti, e non sono pochi gli adulti che ricordando le proprie esperienze passate si esprimono al riguardo con frasi quasi scaramantiche che esprimono un desiderio di evitamento. E che la matematica abbia a che fare con il pensiero astratto è universalmente riconosciuto, eppure a tutt’oggi non è chiaro se essa sia un cosiddetto “oggetto naturale” o una creazione simbolica della mente umana. Si potrebbe dire in generale che la matematica si occupa di “oggetti matematici”, e se essi facciano parte di un mondo naturale o di un mondo mentale è un dilemma che ha occupato a lungo gli studiosi.

Ad esempio nel 1920 il grande Albert Einstein si interrogava: “Come va che la matematica, essendo fondamentalmente un prodotto del pensiero umano indipendente dall’esperienza, spiega in modo così ammirevole le cose reali?”, ma il fatto che alcune leggi matematiche siano state scoperte in modo indipendente da popoli diversi in diverse epoche potrebbe far pensare che la matrice della matematica sia, per così dire, “interna” all’essere umano e che, come sosteneva Ferenczi, origini dalla percezione inconscia del funzionamento fisiologico dei nostri apparati sensoriali. In questo senso credo si possano considerare anche le esperienze estatiche vissute e riferite da famosi matematici nell’intuire leggi matematiche che, a volte, hanno poi impiegato anni a dimostrare. Questi aneddoti fanno pensare, come sosteneva Bion riprendendo un’idea platonica, che i concetti siano reali e “preesistano” al di fuori della mente, e che rimangono sconosciuti finché non si presenta un contenitore-mente adatto per catturarli.

Lungi dallo scopo di questo scritto è indagare questa spinosa controversia e tanto meno risolverla, tuttavia mi sembra interessante introdurre il video proposto – realizzato da Cristóbal Vila per Etérea Studios – inserendo la visione in una questione epistemologica più ampia. Prendiamo dunque la successione di Fibonacci (per inciso già descritta molto prima di lui da matematici indiani). Trattasi di una sequenza infinita di numeri naturali, in cui il primo valore è 0, il secondo è 1, e il terzo è la somma dei primi due. I numeri di Fibonacci godono di numerose proprietà che vengono tuttora studiate, e una di esse è che tendono per approssimazione alla formazione della Spirale Aurea. Nel video è evidente come la composizione matematica di questa successione sia sovrapponibile alla forma del Nautilus – un mollusco fossile che al massimo potrebbe essere considerato un “idiot savant”.

Nella seconda parte del video incontriamo la Sezione Aurea, un rettangolo le cui proporzioni sono conosciute fin dai tempi antichi e che hanno affascinato l’uomo al punto di considerarlo la rappresentazione dell’ideale perfetto di bellezza e armonia. Il rapporto tra i due segmenti è il numero Phi, un numero irrazionale dagli infiniti decimali a cui tende per approssimazione il rapporto tra i numeri adiacenti nella successione di Fibonacci.
Il che ci porta, mediante una trasformazione, all’Angolo Aureo che, sorpresa!, è anch’esso presente in natura e regola, ad esempio, la disposizione dei semi del girasole.

Un ultimo esempio della presenza della matematica nelle strutture naturali è la Triangolazione di Delauney, un algoritmo computazionale che forma una serie di poligoni costruiti attorno a dei “punti di controllo” con il risultato che qualunque punto all’interno del poligono si trova più vicino al proprio centro che a qualunque altro centro. Madre Natura lo impiega, mirabilmente, per costruire le ali della libellula o le ramificazioni capillari di certe foglie.

È difficile considerare casuali tutte queste coincidenze e infine non possiamo che meravigliarci di fronte alla bellezza della natura. Non a caso, credo, in matematica viene definita una soluzione “elegante” quella che evita il superfluo.
Oltre allo stupore nello scoprire che la bellezza è correlata anche a leggi matematiche intrinseche alla natura – certamente inconsce – è interessante notare che queste strutture, oltre a risultare esteticamente piacevoli, corrispondono a oggettivi canoni di efficienza ed economicità tanto che negli ultimi decenni ingegneri e progettisti studiano le strutture biologiche per implementarle su innovazioni tecnologiche.

*Articolo già pubblicato su Osservatorio Psicologia nei Media.

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